Le prime battute del tema musicale del film «INVICTUS» hanno una somiglianza davvero straordinaria con le prima battute di ‘O sole mio. Citazione o plagio?
Secondo i credits della pellicola, quell’insinuante e poi sempre più trascinante motivo l’avrebbe scritto Kyle Eastwood, figlio di Clint: ma che non sia tutta farina del suo sacco è del tutto evidente non solo agli eredi di Capurro, e di Di Capua e gli autori dell’immortale componimento musicale che lo firmarono nel 1898. Immortale e dunque intonato, cantato, stonato, arrangiato, riarrangiato, storpiato e rimodernato migliaia di volte in ogni angolo del mondo: da Enrico Caruso a Josephine Baker a Claudio Villa a Dalida a Mina a Carreras a Pavarotti a Elton John non c’è cantante degno di questo nome che non l’abbia cantata, e non si contano i capi di Stato esteri che, in visita in Italia, non ne abbiano farfugliato qualche verso nel corso di brindisi ufficiali, convinti che fosse “’O sole mio” e non “Fratelli d’Italia” il nostro vero inno nazionale.
Del resto, che” ’O sole mio “avesse un’ispirazione fortemente locale ma un respiro e una vocazione decisamente cosmopoliti sta scritto nel suo dna: i versi furono vergati a Napoli dal giornalista Capurro, ma musicati da Di Capua che si ispirò non ammirando il tramonto sul Golfo di Napoli, bensì l’alba sul Mar Nero, visto che in quel momento si trovava a Odessa per accompagnare il padre, violinista in tournée. Canzone amata in Italia, amatissima all’estero: già nel 1957 Bill Haley con i suoi Comets ne incise una versione rock intitolata appunto “Come rock with me”, ma il botto lo fece tre anni dopo Elvis Presley, che in poco tempo riuscì a vendere dieci milioni di copie del 45 giri “It’s now or never”, in cui The Pelvis dava fremiti da drive in una generazione yankee che ancora stentava a trovare Napoli sulla carta geografica.
Certo, in oltre un secolo di vita “’O sole mio” è diventato davvero un patrimonio mondiale musicale dell’umanità, però il problema si pone quando dalla traduzione e dalla cover si passa direttamente a quello che appare a prima vista (e soprattutto a primo orecchio) un clamoroso plagio. Clamoroso proprio perché eventualmente operato ai danni di una canzone che persino i più stonati fra noi riconoscono dal primo vibrar di mandolino: possibile che i responsabili di una major statunitense, pronti a consultare uffici legali a schiere per evitare di compiere anche il più piccolo passo falso nella giungla piena di trappole del diritto d’autore, abbiano sottovalutato i rischi di una colonna sonora che pantografa lo spartito di una delle canzoni più famose al mondo? O forse no, l’operazione è stata chirurgica: copiare quel tanto che basti a riecheggiare un successo mondiale ma non tanto perché si incappi nel plagio.